C’era una volta Lucio Battisti, un riccioluto, malinconico e romantico cantore di sentimenti ed emozioni che nella musica tesseva ed impastava, insieme alle note, frammenti di vita, capaci di disegnare traiettorie, sinuose ed imprevedibili, in quel variopinto viaggio generato dai sogni.
Oggi c’è Master Prod: verace ed ironico rappatore di parole parafrasate in rime, baciate e alternate, tutt’altro che frivole, piuttosto congrue, polpose, succose e dense di quel nuovo modo di vivere, cantare e raccontare Napoli, capace di imprimere un ritmo indomabile e spensierato a quel viaggio che inizia quando si accende “la macchina della musica” con un colpo d’acceleratore piuttosto che con un “play”.
Oggi c’è Donix: una voce calda come il sole nel deserto, raggiante, anticonformista, seppur capace di preservare un’aggraziata e prodigiosa compostezza. Lei personifica la melodia che scardina l’adrenalinica frenesia del rap scalando qualche marcia per carpire l’essenza, semplice e speciale, insita nelle piccole cose che s’incontrano lungo “il viaggio”: il vento che accarezza il viso e spettina i capelli, il sole che riscalda l’anima e bacia la pelle, le nuvole che tratteggiano fantasiosi disegni tra montagne e cielo.
Oggi c’è Valerio Jovine: un “contrabbandiere d’ammore” che “sporca di Napoli” ogni melodia che inebria con la sua voce “reggae”, graffiante, caparbia, penetrante, passionale, tagliente, energica, determinata, esperta, ma tutt’altro che attempata, quella che imprime al viaggio direzioni imprevedibili, un saliscendi di sussultorie emozioni alle quali si può solo andare incontro a braccia aperte, o meglio, a vele spiegate.
Oggi c’è Ivanò: un vulcano di energia che erutta rime, ottimismo, tenacia, dinamismo, mordente, vigore, quei fervidi e sanguigni sentimenti sui quali saldamente si ancora l’anima del “napoletano scaltro”, quello che “s’ fa sicc’, ma nun mor’”, quello al quale basta una parola, una nota per iniziare a cantare, quel “cittadino del mondo napoletano” diventato, ormai, un’icona grazie ad uno dei cantori più proliferi di questa terra e – non a caso – una delle voci che contamina questo brano.
Oggi c’è “La Pankina” e c’è “Jovine”: due delle foglie più verdi e diversamente cromate che germogliano dalle radici della tradizione, capaci di far rivivere un classico della musica italiana, lasciandone annusare l’essenza, riproponendolo, però, in chiave sfrontatamente moderna.
È così che “Si, viaggiare” si tramuta in “Viaggiare”.
È così che, a dispetto dell’incalzare degli anni, la musica si rivela, sempre ed incessantemente, il viaggio più affascinante e genuino al quale il corpo e la mente possono andare incontro.
A patto che alla guida, ieri come oggi, si propongano interpreti all’altezza di pilotare i sogni che regnano nell’anima di ciascuno di noi.