L’8 ottobre nella sede della Cgil di Taranto avrà luogo una conferenza stampa insolita, i cui protagonisti vi prenderanno parte a volto coperto per raccontare storie di ordinaria precarietà.
Nella fattispecie racconteranno tutto ciò che contraddistingue le ore lavorative all’interno di un call center «come in una scatola del Grande Fratello», accettando «di essere spiati e controllati in ogni momento della giornata», di «essere sospesi e poi allontanati dall’azienda perché in stato di gravidanza», di «non chiedere mai informazioni sui propri diritti o il proprio contratto pena il licenziamento».
La denuncia arriva proprio dal sindacato tarantino che accusa la società di aver replicato alla rivendicazione di dignità e diritti da parte dei suoi dipendenti con una chiara lettera di licenziamento.
«Parleranno a volto coperto – spiega il segretario della Slc Cgil Andrea Lumino – perché per alcuni di loro c’è ancora una possibilità di tornare a lavorare. Possibilità che rischia di svanire del tutto se si renderanno riconoscibili in questa denuncia che suona giustizia».
Questi lavoratori, secondo il segretario generale della Cgil Giuseppe Massafra, sono «figli-fantasma della deregulation che negli anni ha interessato il mercato del lavoro in Italia. Non sarebbero comunque finiti sotto l’influenza della riforma che questo Governo vuole mettere in atto sull’art. 18, ma sono l’emblema di un rischio perenne e ricorrente che ogni lavoratore vive sul suo posto di lavoro»
Si, loro, proprio loro: quei rompiscatole che ci telefonano nei momenti più inopportuni, a tutte le ore del giorno e, talvolta, anche della notte e verso i quali spesso indirizziamo parole pregne di insulti e scortesia. Come se non fossero già abbastanza le mortificazioni che incassano pur di svolgere quel lavoro.