Nel 2013, secondo quanto riportato dall’Istat, in Italia si sono verificati 182.700 incidenti stradali con lesioni a persone. Il numero dei morti è pari a 3.400, mentre i feriti ammontano a 259.500.
Un dato allarmante, tendenzialmente in crescita e desta ancor più preoccupazione il sensibile e cospicuo aumento del numero dei ragazzi giovanissimi che perdono la vita lungo strisce d’asfalto percorse a velocità esorbitanti e sovente in stato d’ebbrezza o sotto l’effetto di stupefacenti.
Quanto avvenuto ieri a Sassano personifica l’emblema di questa tragica tendenza che apre un drammatico e crudo squarcio su una delle tematiche di attualità più consone da accostare e ricondurre ai “nostri ragazzi”.
Gianni Paciello, è un ventiduenne come tanti e ieri pomeriggio, dopo aver salutato la sua ragazza, a bordo della sua BMW, si stava recando al lavoro. Il ragazzo è il gestore di un bar, il “Gran Caffè Silla” che gestisce con un socio, proprio lì, a pochi metri di distanza dal “New Club 2000”: palcoscenico di una tragedia che ha turbato e straziato l’ordinaria quiete di Sassano, comune in provincia di Salerno.
La popolazione locale urla rabbia e sgomento per quanto accaduto, mentre assistono alla straziante scena della ricomposizione dei corpi all’interno delle bare: troppo giovani per essere già riposti in una cassa da morto, troppo straziati per legittimare o perdonare la scellerata spregiudicatezza dell’artefice di quel dramma.
Eppure, quell’insana passione di Gianni per la guida veloce e spericolata era nota a tutti: le sue sgommate e la sua guida spericolata, la Bmw 520, di cui andava fiero, osannata anche attraverso foto e post che il ragazzo era solito pubblicare su Facebook, quell’auto possente, forse troppo per un ventiduenne con poca esperienza al volante. Soprattutto in virtù di quel macabro fantasma che aleggia nel passato di Gianni: l’altro incidente in cui fu coinvolto nel 2010.
Un altro episodio drammatico, durante la festa patronale, in cui morì un suo amico.
In quella circostanza, quando l’auto uscì di strada ed andò a schiantarsi erano solo in due in auto.
Ufficialmente alla guida c’era l’amico, Gianni Rubino, il quale morì dopo due giorni di agonia in rianimazione.
Rubino aveva ventidue anni, Paciello era poco più che maggiorenne.
Dopo quell’episodio, però, a Gianni fu momentaneamente ritirata la patente, in attesa che la vicenda si chiarisse.
Esattamente un anno dopo, Gianni è potuto tornare al volante. Con lo stesso stile di guida spericolata, scellerata imprudente, con il piede sempre ben saldo sull’acceleratore. Tuttavia, dopo quella vicenda, tra gli abitanti di Sassano aleggiava la convinzione che alla guida, quella notte, c’era proprio Gianni, ma questo particolare non fu mai provato dagli inquirenti.
Sassano, oggi, non perdona quell’atto di incauta imprudenza, anche se è una tragedia nell’ambito della quale ha perso la vita anche il fratello sedicenne di Gianni: «Forse ora finalmente impara. Forse aver ammazzato il fratello gli servirà da lezione».
La speranza che deve germogliare da questa triste vicenda è che Gianni Ponticiello non sia l’unico giovane avvezzo alla guida spericolata a trarre un insegnamento educativo e costruttivo da questo triste quadro di morte.