Il tanto atteso giorno dal popolo femminile è giunto.
Finalmente vi racconteremo “l’approccio della ricciola”.
Ovviamente, le aspettative di chi si augura una performance che possa stravolgere i capisaldi sui quali si ancora il suo “status di ricciola” verranno tristemente deluse!
Infatti, il nostro eroe, incapace fin dalle prime battute perfino di intrattenere un contatto verbale, dimostra tutta la sua comprovata, cronica e consolidata inabilità nel gestire ed improntare una qualsiasi forma di rapporto con l’altro sesso, ancora di più quando giunge il momento di passare all’atto pratico.
È lei che costantemente esercita forti pressioni affinché quell’epopea di messaggi si tramuti in fatti, incuriosita da quell’uomo tanto ambiguo quanto vago, perché lei ancora non sa che ha pescato una ricciola!
Allora accade che la malcapitata si ritrovi a collezionare una serie di scuse ed appuntamenti mandati a monte: “Stasera?… Facciamo che te lo faccio sapere più tardi”…
Come se l’agenda della ricciola fosse questo groviglio insormontabile di appuntamenti.
In realtà, alla ricciola manca il coraggio necessario per vuotare il sacco e si rifugia in una serie di scuse, tanto opinabili quanto capaci di proporre agghiaccianti squarci di vita reale che tanto raccontano della sua “robertiniana” quotidianità: “Ho bucato una ruota, sto aspettando il soccorso stradale, credo che si farà tardi”… “I miei sono fuori per il week-end, mi hanno detto di fare da guardiano alla casa, non posso uscire”… “Il mio migliore amico è un po’ giù ultimamente, devo stare con lui”.
Scuse che si alternano alla “solita” intraprendenza virtuale notturna che, invece, contraddistingue i messaggi infrasettimanali.
Poi arriva il week-end e la ricciola si ricorda di essere una ricciola: si eclissa chiudendosi in quella sterile e consueta routine: dormire, mangiare, ruttino, partite, amici.
Però, lei, non demorde, anzi, riuscire ad incontrare la ricciola diventa una sfida, una questione d’onore animata dalla consapevolezza che, prima o poi, saprà stanarlo.
Come quella illogica e secolare regola tacita impone, la ricciola si fa avanti quando lei sta per deporre le armi. Forse perché avverte che sta perdendo terreno, forse animato da un’insolita iniezione di coraggio, non è dato saperlo: ciò che conta è che la ricciola compie il fatidico passo avanti e chiede alla sua amante virtuale di uscire.
Lei, ovviamente, si “inceretta, trucca e parrucca” come una donna è solita fare quando è animata dalla palpabile possibilità di andare incontro a “una notte da leoni”, mentre, in contemporanea, la ricciola pratica tutti gli esercizi respiratori possibili per gestire “l’ansia da prestazione”.
La logica imporrebbe alla ricciola di attuare quella pratica tanto diffusa tra uomini scaltri: chiudersi in bagno in compagnia di “Federica” prima di recarsi all’appuntamento, così da non essere repentinamente tradito da quella crisi d’astinenza che, ormai, si protrae da tempo immemore.
“Logica” e “uomini scaltri”, però, non sono condizioni riconducibili alla ricciola!
“Mi aspetto un bacio mozzafiato, prima ancora che tu mi dica: “Ciao”!”
Recita il testo dell’ultimo messaggio inviato dall’amante virtuale, ma non appena si ritrova al cospetto della ricciola e di quell’imbranato saluto che vede una stretta di mano frapporsi ad un bacio sulla guancia, mentre farfuglia: “Piacè… Ehm… Buonasè… Ciao!” già intuisce quanto velleitarie fossero le sue aspettative.
Doccia gelida per lei che introduce un imbarazzante silenzio.
Così, pur di salvare il salvabile, ha inizio “il festival delle frasi di circostanza e dei discorsi banali”: lei è in visibile e forte stato di shock, mentre la ricciola parte a ruota libera, addentrandosi in monologhi degni del più talentuoso degli “attori senza pubblico”.
Lei raccoglie il minimo di voce e coraggio indispensabili per chiedergli: “Andiamo a bere qualcosa?”
E lui: “Ehm… Si, volentieri… Però è meglio se non bevo alcolici, altrimenti mi abbatto e mi viene sonno!”
Allora lei capisce che non le resta da fare altro che prendere il controllo della situazione e passare ai “fatti”.
“No, in macchina è meglio di no… Se sporco i sediolini chi la sente a mamma!”
Quindi si opta per l’albergo e lei già suda freddo pensando alla contrattazione tra il portiere e la ricciola!
Eppure c’è la fa: la ricciola riesce a procurarsi una stanza e, a testa bassa, i due, insieme, ma, rigorosamente, non mano nella mano, percorrono “il sentiero della felicità”.
Una volta entrati nella stanza, dopo aver sistemato luci, climatizzatore ed essersi assicurato di aver chiuso la porta, la ricciola maneggia la sua amante con la medesima impacciata, curiosa ed accorta premura che un bambino riserva ad un tanto desiderato e nuovo giocattolo: litiga per infiniti attimi con il reggiseno di lei e sarebbe ancora lì a tentare di slacciarglielo se lei, mossa da pietà ed esasperazione, non fosse giunta in suo aiuto.
Quello è per lei il segnale inequivocabile di cosa l’aspetta, ma per scacciare ogni dubbio, la ricciola esclama: “Fai tutto tu!” Per poi partorire “gemiti strani” che lei decifra solo quando rivolge lo sguardo ai gioielli di famiglia, ancora custoditi negli slip, ma precocemente esplosi in un libero sfogo di piacere.
“Tutta colpa di Federica!!!” – pensa lei.
“Perché non ho giocato con Federica!?” – recrimina lui.
Ormai la frittata è fatta e alla ricciola non resta che rifarsi nel corso dei round successivi.
In realtà, quel “fai tutto tu” non era una richiesta, ma il preambolo di un incontro di sesso che vede una ricciola inerme, sopraffatta, dominata ed entusiasta, partecipe giusto “il minimo indispensabile”.
Abbandonata la stanza, la ricciola si congeda con “il solito” saluto impacciato, incartandosi tra un bacio sulla linea di confine tra labbra e guancia, una stretta di mano e: “Ci sent… Ehm… Sono stato b… Buonanotte!”
Lei fugge, appagata, frastornata e scioccata, necessita di tempo per realizzare e metabolizzare quanto accaduto e nel frattempo a scardinare i pensieri del “post-ricciola”, nel cuore della notte, giunge l’irriverente telefonata del toro!