Non si placa la guerra infervorata da odio e rancore che intercorre tra la popolazione del Rione Traiano e i carabinieri, inasprita ed esasperata dalla morte del 17enne Davide Bifolco, ucciso da un colpo d’arma da fuoco partito proprio dalla pistola di ordinanza di un rappresentante delle forze dell’ordine.
Odio e rancore: due sentimenti che nulla, proprio nulla di buono posso generare.
Odio e rancore verso “i servi dello Stato”coloro assoldati per garantire sicurezza e spronare il crimine, ma la gente del Rione Traiano continua a vedere proprio in loro “il nemico” da fronteggiare.
“Lo Stato non ci difende ma ci uccide. Difendiamoci”.
Questo è quanto esibito su un cartellone esposto al Rione Traiano a Napoli dove oggi si è svolta la manifestazione in memoria di Davide Bifolco, il ragazzo di 17 anni ucciso da un carabiniere.
“Carabiniere infame”, “Davide vive”, “Assassini”, “Infami”: sono altre delle scritte comparse su muri e cassonetti del quartiere napoletano, triste palcoscenico di una prematura e tragica e morte.
Durante la manifestazione, un gruppo persone all’imbocco di uno degli ingressi del Rione Traiano, si è fronteggiato con la polizia in assetto antisommossa lanciando alcuni oggetti.
I manifestanti, che hanno bloccato l’uscita della Tangenziale di Napoli, sostengono di essere stati caricati.
”Deve marcire in carcere, non deve avere un’ombra di pace per tutta la vita”.
A parlare, con la voce rotta dal pianto è Flora, la mamma di Davide.
In corteo, il fratello del giovane, Tommaso, spende parole durissime per le forze dell’ordine: ”I delinquenti sono loro, dovrebbero tutelarci. Quel carabiniere deve pagare”.
Intanto, il profilo Facebook di Davide è a dir poco intasato dai messaggi di cordoglio di amici e parenti, ma anche di sconosciuti che hanno voluto rivolgere un pensiero al 17enne prematuramente scomparso. Sul luogo dell’accaduto, proprio lì dove è morto Davide Bifolco sono stati deposti innumerevoli fiori. Sul posto si è recato il parroco del rione, padre Lorenzo Manca, che ha prestato conforto ai familiari del giovane.
”Non c’è da stupirsi che accadano tragedie del genere in un rione così densamente popolato. –ha dichiarato il parroco – Qua lo Stato non lo vedono”.
Intanto, fin dagli attimi immediatamente successivi alla morte di Davide, ricostruire l’esatta e fedele dinamica dei fatti è apparso un compito piuttosto arduo, delicato e complesso.
Sul piatto della bilancio, infatti, vertono due versioni decisamente contrastanti.
Due storie diverse, completamente diverse: ferito a morte da un colpo partito accidentalmente da una pistola d’ordinanza, secondo i carabinieri e invece speronato e poi ucciso con un colpo sparato ad altezza uomo, al cuore, secondo la famiglia che parla, dunque, di omicidio.
Secondo i carabinieri è andata così: in tre, senza casco e a bordo di uno stesso scooter, stavano percorrendo viale Traiano, angolo via Cinthia, quando i militari, dopo aver riconosciuto a bordo del mezzo un 23enne che aveva violato i domiciliari e che, dunque era latitante da febbraio scorso, hanno intimato l’alt.
I tre non si sono fermati ed è iniziato l’inseguimento.
I ragazzi ad un certo punto hanno rallentato la marcia, sono stati urtati dall’auto dei carabinieri. Il latitante è riuscito a scappare a piedi ed tuttora ricercato. Gli altri due sono stati bloccati: si tratta di Salvatore Triunfo, 28 anni, precedenti per furto e danneggiamento, e Davide Bifolco, 17 anni e incensurato. É in questa fase che è partito un colpo accidentalmente dalla pistola del carabiniere.
Davide è stato soccorso, trasportato all’ospedale San Paolo ed è morto.
Radicalmente diversa, invece, la ricostruzione fornita dalla famiglia Bifolco e da amici testimoni.
I tre non si sono fermati all’alt dei carabinieri per paura, visto che lo scooter non era assicurato.
Sono stati inseguiti, già a partire da via Romolo e Remo.
Un’auto dei carabinieri, pur di bloccarli, si è immessa in un’altra strada e, proveniente dal senso opposto, ha speronato lo scooter.
I tre sono caduti.
Il latitante è scappato a piedi mentre, secondo amici dello stesso Davide che erano su un altro scooter accanto a lui, il carabiniere ha puntato l’arma ad altezza uomo e non in aria e ha sparato.
Davide, già gravemente ferito, è stato ammanettato con la faccia riversa nella terra dell’aiuola e secondo la famiglia è morto sul colpo, già prima di arrivare in ospedale.
Inoltre, Salvatore Trionfo, ha dichiarato di essere alla guida del mezzo quando è partito l’inseguimento ed aggiunge di non essere ancora stato ascoltato dagli inquirenti.
Se quanto afferma il 28enne corrisponde alla verità, la sua testimonianza sfalderebbe la dichiarazione fornita dai carabinieri in merito al riconoscimento del latitante alla guida del motorino, fattore dal quale sarebbe scaturito il tragico inseguimento.
Una vicenda tutta da chiarire ed intorno alla quale è doveroso far luce.
Per il momento, regnano odio e rancore.