Un immigrato extracomunitario con il volto coperto, è entrato in un negozio di elettronica, sito in Corso Garibaldi a Napoli, ieri pomeriggio, poco prima della chiusura pomeridiana, armato di coltello ed ha intimato al 40enne titolare del negozio, sotto la minaccia dell’arma, di consegnargli l’incasso: 80 euro.
Insoddisfatto ed inviperito dal magro bottino, poi, gli ha inferto una coltellata all’addome.
Il commerciante finisce al “Loreto Mare” e la vicenda sui giornali.
Una storia che apre un ruvido squarcio sulla fredda realtà che irrompe in un afoso pomeriggio d’estate, uno di quelli in cui lungo quelle strade pregne di microcriminalità, “locale ed internazionale” – questo è lecito precisarlo – si propaga quella calma apparente che, al calar del sole, non lascia presagire nulla di buono.
In questa triste vicenda, da ambo le parti, troneggia la povertà, personificata in due modi agli antipodi e radicalmente diversi di osteggiarla: lavorare, onestamente e dignitosamente, ingoiare sacrifici, rinunce e privazioni, come quelle che animano un pomeriggio d’estate, trascorso lontano da acque salate e refrigeranti per rimanere relegato in quattro mura a fissare la soglia d’ingresso di un negozio per interminabili momenti d’inerzia, nella vana speranza che si palesi la sagoma di un cliente, non di un malvivente oppure lasciarsi sopraffare dall’esasperazione, liberarsi di scrupoli e dogmi che rettificano l’esistenza di chi, in ogni caso, predilige condurre una vita onesta, munirsi di un’arma, più o meno affinata, più o meno rude, ma pur sempre capace di “seminare terrore” e “far male” per conquistare con la forza ciò che non si può, non si sa o non si vuole guadagnare perseguendo le strade lecite, affinché quell’arma possa rivelarsi una partner insostituibile ed ineccepibile in quella “guerra di disperazione” nell’ambito della quale, alla fine, non si annoverano vincitori, ma si rivela sempre e solo capace di implementare quello dei vinti.