C’era una volta un principe di nome Edinson,
che, salpato all’ombra del Vesuvio, da vicine e torbide coste siciliane, diede inizio alla sua favola azzurra.
Sulle spalle di quel ragazzo straniero, in verità, gravava l’infimo e scomodo onere di raccogliere e rilanciare l’eredità lasciata in consegna da un principe azzurro d’origine, partito per prestare servizio alla Corte bianconera e cercare di colmare malcontento e tumulti tra il pretenzioso popolo partenopeo.
Tra Napoli e il principe Cavani, è staro amore a prima vista. O meglio, fin dalla prima partita.
Il 19 agosto del 2010, nella partita d’esordio con la maglia del Napoli, Edinson siglò la prima rete in azzurro, contro l’Elfsborg, nell’ambito della partita di andata dei play-off di Europa League, mandando in visibilio il pubblico azzurro che, fino a pochi istanti prima, reclamava a gran voce un confronto con Quagliarella “il traditore”, macchiatosi dell’incancellabile ed imperdonabile colpa di aver ceduto alle avance della “Vecchia Signora”.
Eppure, quella sera, l’acuto più roboante che irradiò il cielo svedese fu il gol di Cavani, intriso di una portentosa consapevolezza: Edinson era quello giusto. Edinson poteva essere “il nuovo re”.
Quella consapevolezza, di partita in partita, seppe repentinamente tramutarsi in una certezza, rafforzata da una corpulenta mitragliata di gol, quelli dei quali Cavani non era mai sazio e con lui, come lui, lo stesso pubblico partenopeo.
Un connubio perfetto, consolidato dal medesimo amore verso quello sport, dallo stesso desiderio di vittoria e dalla comune ricerca di riscatto all’interno del rettangolo verde.
Così, i gol di Edinson trascinano il Napoli a ridosso della vetta della classifica, sinonimo di qualificazione per la Champions League che, alle pendici del Vesuvio, non sbocciava da decenni.
La Champions: il primo, grande, vero e significativo traguardo conseguito dal “Napoli delle meraviglie”, per effetto, anche e soprattutto, dei gol di Cavani.
Così, inizia il tour europeo della corazzata azzurra, marcato dal ruggito da brividi della sua stirpe, che incredula, tutte le volte che la colonna sonora della suddetta competizione accompagnava l’ingresso dei suoi eroi in campo, altro non poteva fare che riversare tutto, orgoglio, rabbia, sogni, speranze, emozioni, tensione, ansia, gioia, euforia, amore, passione, in quel liberatorio e viscerale urlo: “The Champions!!!”
Per i napoletani, loro, quegli eroi, erano già “i campioni”, a patto che continuassero ad onorare la maglia che indossavano, combattendo e lottando, fino alla stregua delle loro forze, su ogni singolo pallone, in ogni singola partita, in tutte le partite, giacché non esiste una linea di demarcazione che separa Napoli e la sua squadra, ma, piuttosto, la erge ad espressione più passionale ed autentica della città di Napoli.
Quella nella quale ciascun napoletano si rispecchia e alla quale sente di appartenere.
Questo, Edinson ha imparato a capirlo ben presto, perché la morsa asfissiante nella quale la piazza stringe i suoi beniamini, non conosce compromessi o raziocinio, in quanto dettata da quell’amore, incondizionato e geneticamente determinato.
Quell’apoteosi di sogni, gol, ovazioni e brama di vittoria, trovò la sua massima espressione nella conquista della Coppa Italia, alzata da capitan Cannavaro sotto il cielo di Roma, la sera del 20 maggio 2012, grazie anche ad un gol siglato dal Matador azzurro su rigore.
Il Napoli vince il primo trofeo dell’era De Laurentiis e, per giunta, battendo l’acerrima nemica di sempre: la Juventus.
Napoli espolde in un terremoto di festa, irrefrenabile, esorbitante, insaziabile.
Napoli non sogna, ma vive una notte da sogno, come non accadeva da decenni, da quando Maradona era andato via, costringendo questo popolo a riporre nel cassetto festoni, trombette e sogni di gloria.
Pertanto, in Napoli matura una nuova, fervida certezza: adesso c’è Cavani.
Tuttavia, la stagione 2012/2013 inizia sotto una cattiva stella, in virtù della sciagurata notte di Pechino, palcoscenico della partita di Supercoppa italiana che ebbe tutt’altro epilogo rispetto a quello auspicato dal popolo di fede azzurra.
In quella circostanza, è la Juventus ad avere la meglio, anche se alcuni discutibili episodi legati all’arbitraggio di Mazzoleni di Bergamo, lasciano più che contrariati tifosi e società, tant’è vero che il Presidente De Laurentiis ordina ai suoi calciatori di non partecipare alla cerimonia di premiazione.
Orgoglio e rabbia infervorano, quindi, l’animo degli azzurri ed è ciò che accopagna le loro gesta, in lungo ed in largo, in giro per lo stivale.
Cavani segna, tanto, ancora, sempre, in tutti i modi possibili ed impensabili, per un “essere umano”, ma non per lui.
Nonostante l’esperienza in Europa League inscenata dagli azzurri sia tutt’altro che edificante, Cavani non spreca neanche quell’occasione per consacrarsi spietato cecchino da aria di rigore e vampiro assetato di gol. E continua a segnare, ancora e sempre.
Anche se i suoi gol non bastano al Napoli per superare la fase a gironi, probabilmente, Edinson è uno dei pochi azzurri ad aver onorato quella competizione e, quindi, la maglia, anche in quella circostanza.
Archiviate le competizioni europee ed inaspettatamente anche la Coppa Italia, a Cavani e company non resta da fare altro che concentrarsi sul Campionato e lottare alacremente, finché la matematica legittima le ambizioni, per cercare di sopraffare ancora lei: “la Vecchia signora”.
Pur non riuscendo a superare la Juventus che, nuovamente, s’incorona Campione d’Italia, il Napoli conquista il secondo posto, utile ad assicurargli l’accesso diretto alla Champions, consentendo, quindi, alla propria gente, di cullare nuovamente quel sogno, scandito dal ritmo di quella melodia celestiale, capace di mandare in visibilio i napoletani.
Inoltre, Edinson, a suon di gol, colleziona record su record, chiudendo la stagione a quota 104 reti siglate con la maglia del Napoli.
Le 29 marcature segnate nell’arco del Campionato 2012/13, gli consentono di vincere la classifica cannonieri del campionato italiano di massima serie.
Prima di lui, con la maglia del Napoli, solo Maradona ci era riuscito.
Quel Maradona nella cui ingombrante ed abnorme ombra si è sempre mosso, nel corso degli anni, imparando a convivervi o, forse, a competervi.
Quel Maradona, unico e solo re di Napoli che nemmeno Edinson è riuscito ad emulare.