Un rudimentale espositore in legno ricoperto da un giubbino catarifrangente: questo “il negozio a cielo aperto” del “nuovo contrabbando”. Standard, identico per tutti i presidi, fabbricato in serie dallo stesso falegname e fornito dal medesimo “Sistema”.
Talvolta, vengono utilizzati per esporre alcuni pacchetti vuoti, in altro casi per dare visibilità ad un raccattato pezzo di cartone riportante “le offerte”: 1 = 2,50 euro. 2 = 5 euro. 3 = 7 euro.
Sovente, “il Sistema” sta affidando agli extracomunitari il compito di “piantonare il negozio”, così da poter puntare sul fattore “Non capisco, non essere italiano!” qualora le Forze dell’ordine decidessero di fare visita al chiosco abusivo.
Tuttavia, i fedeli osservatori delle tradizioni continuano a puntare sulla vecchia e classica figura del contrabbandiere: il giovane ventenne scaltro e volenteroso, reinventatosi dopo essere finito “in villeggiatura” per spaccio o reati minori o il cinquantenne, precario, disoccupato, con precedenti o incensurato che abbraccia il nuovo business decidendo di “stare miez’ a via” per non finire a dormire sotto un ponte.
Tante e varie sono le evoluzioni e le involuzioni alle quali è andato incontro il contrabbando.
La differenza sostanziale, tra “il vecchio e il nuovo contrabbando”, va principalmente ricercata nella natura qualitativa della merce.
Infatti, negli anni ’80 e ’90, l’ “epoca d’oro” del business, il traffico illecito di tabacchi consisteva nel raggiro dei dazi doganali e, pertanto, carichi di sigarette provenienti dall’America, venivano clandestinamente fatti approdare sulle coste italiane, per poi terminare il loro viaggio sulle bancarelle, in attesa di finire nelle tasche di un acquirente.
Era quel contrabbando riprodotto e narrato finanche in film storici, quali “Ieri, oggi e domani” in cui era una fulgida Sophia Loren a vestire i panni della “signora contrabbandiera”.
Oggi, invece, l’illecito parte dalla radice.
Le sigarette esposte in quella vetrina abusiva a ridosso dei marciapiedi è la risultante finale di un business low cost che ha origine dalla produzione di sigarette contraffatte in scantinati fatiscenti dell’Europa dell’est, dove si lavora liberi da qualsivoglia controllo, avulsi dalle più basilari ed imprescindibili norme igienico-sanitarie, come testimonia un documento diramato da British American Tabacco, in seguito all’analisi di alcuni campioni di sigarette del “nuovo contrabbando”: piombo, polveri, segatura, finanche peli di topo.
Questo e ben altro è quanto risultato essere presente, all’interno di quelle che vanno definite essere vere e proprie sigarette contraffatte, miscelato a scarne percentuali di tabacco.
Una volta prodotte e relegate in pacchetti dai nomi altresì contraffatti, forgiati sulla falsa riga dei rinomati marchi di fama internazionale oppure inventati di sana pianta, iniziano il loro viaggio verso il Sud-Italia.
Anche le modalità di trasporto sembrano essere cambiate e, rispetto alle vecchie navi, si prediligono i camion.
Di recente, si fanno sempre più incalzanti le notizie che annunciano l’ulteriore abbattimento dei costi, per effetto di una possibile trattativa del “Sistema” con i cinesi residenti nel capoluogo campano e che, ormai, dettano la loro egemonia commerciale in svariati punti nevralgici di Napoli e provincia, basta pensare alla loro piccola e prolifera roccaforte, nel cuore di San Giuseppe Vesuviano, fino alla più che colonizzata zona industriale di Napoli.
Proprio nel cuore di via Galileo Ferraris, paradossalmente, strada lungo la quale giace una decrepita ed abbandonata sede della manifattura del tabacco, sarebbe stato allestito o sarebbe in procinto di sbocciare, la sede della “nuova ed illecita manifattura del tabacco e di sostanze indefinite”, all’interno della quale, sarebbe compito dei cinesi produrre le sigarette, ammortizzando ulteriormente i costi della manodopera e del trasporto.
Un business sul quale “il Sistema” sta puntando in maniera esponenziale. Lo testimonia l’escalation di giubbotti catarifrangenti distribuiti dal cuore di Napoli, alle periferie, abilmente ubicati in punti nevralgici, soprattutto a ridosso delle tabaccherie, così da “bruciare la legalità sul tempo” al cospetto di un fumatore affetto dalla compulsiva smania di fumare.