Quando sei ancora un giovane studente universitario pensi che studiare dalla mattina alla sera, ripetere ad alta voce una materia accerchiato da tanta noia ed azzerare la tua vita sociale, sia proprio un’ingiustizia, la stessa subita da chi viene rinchiuso in carcere per un reato che non ha commesso.
Lo studente quindi entra in crisi, pensa di essere già ad uno stadio avanzato della vita, non esce di casa, mangia il minimo e la sera va a letto presto.
La crisi aumenta se poi si pensa che tutta questa fatica non è ripagata da uno stipendio, ma, anzi, siamo noi studenti che proprio per la nostra “pretesa” di studiare dobbiamo pagare tasse molto salate all’università che ci ospita.
Eppure lo facciamo.
C’è da pensare che noi giovani d’oggi siamo un po’ masochisti, ci illudiamo di poter trovare, dopo tanta fatica gratuita, un lavoro che ci soddisfi.
Una soddisfazione che sia il risultato del nostro studio, della cultura acquisita e la realizzazione delle nostre ambizioni personali.
Ma ciò non è tutto.
Si studia anche per trovare un lavoro che ci offra una qualità della vita molto alta: chi rinuncerebbe ad un lavoro da leader?
Oppure a una villa con piscina?
O magari a uno yacht?
Un giro del mondo in barca a vela con la bella famigliola?
Ma tutte queste chimere sono catalogabili nella cerchia delle ambizioni fin troppo grandi.
Tornando alla realtà, trovare un lavoro che produca un bel mucchietto di soldi sarebbe perfetto!
E noi studenti, per ammazzare la noia, fantastichiamo su un ipotetico primo stipendio.
Cosa si fa col primo stipendio?
Come si spende?
Sicuramente non si mette in tasca a marcire: si può trascorrere una bellissima giornata di shopping, organizzare una piccola vacanza, fare un regalo a noi stessi, insomma ripagare bene tutti gli anni spesi a studiare.
I soldi non portano la felicità, ma sono sicura che un bel gruzzoletto riuscirebbe a mettere un sorriso a uno studente in crisi.
E se è vero che spesso si preferisce lavorare subito anziché continuare ad andare all’università, d’altra parte, per chi decide di studiare, spesso si sviluppa l’idea che un domani la qualità del lavoro sarà uguale alla fatica degli anni trascorsi sui libri.
Perché non provarci allora?