L’immigrazione, fenomeno che oggi ruba le prime pagine di trasmissioni televisive e testate giornalistiche, sembra una realtà che nasce col mondo contemporaneo, ma non è così. Da sempre l’uomo si è spostato, ha attraversato mari, fiumi, boschi, scalato montagne per insediarsi in un altro luogo più favorevole.
La nostra amata terra si è popolata tutta proprio in virtù dei movimenti migratori, e molti di tali movimenti del passato non erano ristretti come quelli di oggi, ma riguardavano popoli interi. Pensate a una Siria intera che si sposta in massa verso la Turchia, o a un Marocco che attraversa la stretta lingua di mare per accamparsi in Spagna.
Le grandi civiltà antiche erano civiltà di immigrati. I Micenei, il popolo che ha regalato all’Occidente i grandi eroi greci come Agamennone, Achille, Menealo,Ulisse, erano nient’altro che poveri immigrati fuggiti da un Oriente che non riusciva ad offrire loro il grano necessario.
Come possiamo dimenticare che le nostre nazioni europee sono figlie di gigantesche immigrazioni di popoli del Nord? Quando nella notte di S.Silvestro del 406d.c. Franchi, Sassoni, Germani, Eruli, Longobardi,trovarono il Reno ghiacciato, non esitarono a oltrepassarlo per riversarsi come una marea nel territorio dell’impero romano. Si insediarono nelle varie province, e dall’incontro della loro cultura con quella romana nacquero le varie nazioni moderne come Francia, Inghilterra, Italia.
La civiltà è sempre una questione di sintesi , di popoli che si mescolano e apportano nuove forze e nuove visioni. La storia ci ha sempre raccontato di fusioni, a volte violente, a volte pacifiche. Non dobbiamo dimenticare che la nostra splendida Italia è così splendida perchè ha sempre accolto numerosi popoli. Longobardi, Angioini, Bizantini, Normanni, Greci, tutte popolazioni che hanno lasciato un ricco sedimento di cultura e storia, non erano altri che immigrati.
Dobbiamo forse pensare che gli antichi erano più intelligenti di noi? In un certo senso rispondo con un sì. In effetti gli uomini dell’antichità sapevano benissimo che nessuna civiltà può manetenersi se chiusa in se stessa, riconoscevano bene che per evitare la fine lenta, ogni popolo doveva mischiarsi, dare vita a un’operazione di sincretismo etnico e culturale.
Il grande impero islamico del IX secolo, quello guidato dal califfo protagonista delle Mille e una Notte, il leggendario Harun al Raschid, arrivò ai vertici della ricchezza e dello splendore economico e culturale proprio in virtù di una politica d’integrazione tra l’elemento arabo originario e quello persiano.
L’Europa, l’Oriente sono sempre state porte aperte agli altri popoli, luoghi nei quali masse enormi di persone si spostavano in cerca di un avvenire migliore. Nessuno si scandalizzava. In un certo senso i confini dei Paesi erano mobili, vaporosi, e certo questa circostanza facilitava ingressi e uscite.
Oggi invece la realtà è totalmente diversa. Ci vantiamo di aver creato una civiltà globale, aperta al mondo, e poi ci rintaniamo nella nostra piccola nazione, ci chiudiamo a doppia mandata nello stupido orgoglio dell’appartenenza nazionale. Ho sempre pensato che l’orgoglio dell’appartenenza sia un male. E’ dall’orgoglio dell’appartenenza che fiorisce l’intolleranza, il mito della propria superiorità. La storia del Novecento ci ha lasciato tristi conferme di quello che sostengo.
Più diventiamo un sistema mondiale senza barriere e più sentiamo il bisogno di erigere muri. Non è un paradosso il fatto che proprio mentre si cerca di costruire un’Europa unita anche dal punto di vista politico, emergano in controtendenza tantissime spinte autonomistiche e separatiste? Più ci si spinge verso l’unificazione e più movimenti come la Lega Nord, il movimento basco, l’Ira irlandese, il movimento corso, quello catalano, quello della Slesia in Polonia premono per sganciarsi dagli antichi Stati nazionali che li ospitano per aspirare a crearne di nuovi. Ricordiamo tutti ciò che è accaduto nella ex Jugoslavia. Appartenenze razziali e religiose hanno mandato in frantumi un Paese, e dalle sue ceneri sono sorte tante piccole nazioni ognuna delle quali tremendamente gelosa del proprio spazio. Come affermava tristemente il grande Bauman ” Basta percorrere pochi chilometri per riempire di carburante razzista i serbatoi dell’entusiasmo per la comune questione nazionale.”
Basta che arrivino 1000 immigrati sulle nostre coste…e per miracolo diventiamo tutti italiani, un popolo unito.