Melito Irpino, 19 luglio 2014.
In un comune avellinese abitato da 1.967 anime “prende forma” la terza data del tour di Jovine.
Quegli occhi avvolti nella frivola ed approssimativa superficialità tendono ad analizzare l’evento tratteggiando la mera superficie delle cose, etichettandolo come “un passo indietro” rispetto alla sontuosa notte vissuta, appena sette giorni addietro, sul ben più rinomato palco dell’Arenile di Bagnoli.
In realtà, le location che ospitano le esibizioni di Jovine, rivelano tanto e tante sfumature dell’anima ideologica sulla quale si saldano le radici di questa band.
In primis, palesa, conferma, rilancia, evidenzia, sottolinea e suggella l’attendibile veridicità del concetto di “cittadino del mondo napoletano” imbastito in “Napulitan’”: “cavallo di battaglia” per eccellenza, oltre che sentito inno, cantato e recitato, prima con lo spirito d’appartenenza e poi con la voce.
Il mondo è “tutto”: è quell’insieme di sentimenti ed espressioni che vive nelle caotiche ed affollate metropoli, ma anche nelle raccolte e discrete frazioni di borghi, sobborghi, contrade.
Seppure quest’ultimo rappresenti il più diffuso e semplicistico dei luoghi comuni, al contempo, si rivela anche il concetto più affannosamente applicabile nella concreta realtà quotidiana.
Nella maggior parte dei casi, tranne che nel caso della musica di Jovine.
Fusione armonica di fatti e parole, d’intenzioni ed intenti, di gesti e sentimenti, di pensieri ed azioni, di emozioni e spostamenti: questo e molto altro è intriso nel messaggio che s’innalza dal palco di Melito Irpino, a suon di reggae e spensierata, accorata, sentita e semplice voglia di divertirsi.
Fa specie che in un momento storico in cui lo stesso concetto di “uguaglianza” viene urlato e sbattuto sui possenti tavoli politici di calibro internazionale, fatichi a fondersi nelle anime che stentano, ancora e clamorosamente, a “sentirsi uguali”.
Fa specie che c’è ancora chi sfodera l’obsoleta ed imbarazzante convinzione che sia “la cornice” e non “l’essenza” a legittimare un momento di festa come un concerto.
E l’anima di artista innovativo e ribelle di Jovine non può e non sa rimanere ormeggiata a simili zavorre ideologiche che rallentano l’evoluzione emotiva, civile, sociale, culturale e, soprattutto, la fusione dei popoli.
Jovine è “il cantante di tutti”, la sua è “la musica di tutti”.
È il ragazzo della porta accanto che puoi incontrare al supermercato o una mattina qualunque in tabaccheria.
I sentimenti, le emozioni, le tematiche e le problematiche, fuse all’interno dei suoi testi, sono quelle che appartengono a tutti “i cittadini del mondo” capaci di recepirsi e percepirsi come parte di quel mondo.
E riconoscere, semplicemente, a tutti, il diritto e il piacere di respirare la magia che inebria l’aria, allorquando a salire sul palco è quel modo di fare musica che appartiene solo e soltanto a Jovine è il più crudo ed altresì sopraffino atto d’amore e di “uguaglianza” da dispensare tra i cittadini di quel mondo dipinto nella sua musica.