Le vicende di queste ultime ore segnano un’ora funesta, e non solo per la coscienza umana dei popoli tutti, ma soprattutto per quel dispositivo che dovrebbe liberare dalla materialità delle cose e invece vi precipita: la religione.
Le radici di questo conflitto di cui i media riflettono la superficie sono chiare, mentre le varie analisi degli “scienziati sociali e politici” del nostro tempo rendono complessa una situazione che invece, nelle sue origini reali, è di una disarmante semplicità. Ma in fondo lo si sa, la nostra epoca ammalata di complessità cerca di vivisezionare ogni realtà umana al fine di ridurla a meticoloso ed esaustivo oggetto di studio e di comprensione. Questa operazione ottiene però il perverso effetto contrario: annienta ogni possibilità di ricostruzione organica del problema.
La questione tra palestinesi ed israeliani è semplice, ed è proprio questa semplicità a fare paura nella sua nudità, nella sua assoluta e aggiungerei straziante evidenza. Un popolo rivendica una promessa divina, e crede che il suo Dio legittimi l’intera storia. Il Dio ebraico ha promesso la terra di Palestina al popolo che Lui ha scelto, e la storia che fatto saltare i suoi piani diventa un evento irrilevante, un affronto alla potenza del Cielo.
Gli Ebrei devono ritornare nella terra promessa da Dio, devono compiere la volontà del Signore, quella del Dio di Abramo. Fu questo lo slogan che i primi sionisti alla metà dell’Ottocento presero a recitare nei vari angoli del mondo. La Diaspora iniziata sotto i romani era solo un incidente della storia che andava ricomposto al più presto. Nel frattempo, da più di 17 secoli, lì abitava un altro popolo, la terra abbandonata era stata popolata.
Ma un bel giorno, ecco, si decide di ribaltare il corso della storia a colpi di profezie celesti. “Cari palestinesi, questa terra è nostra, ci è stata data da Dio. Prego togliere il disturbo. Non se ne parla di dividere ciò che ci fu affidato”. La storia che da quel momento è accaduta si è tinta di altri colori, e le ragioni sembrano dividersi tra isreliani e palestinesi. Ciascuno a suo modo ha commesso passi falsi, e ciascuno può rivendicare la sua ragione razionale.
Ma questa è un’altra storia, è la storia di una razionalità senza fine. L’origine divina del contenzioso è il vero dramma insanabile. Nessuna fede può essere portata a miti consigli.
Carlo Lettera