“Lo hanno trovato senza testa”: inizia così il racconto-shock delle persone che durante la giornata di domenica 30 luglio, hanno assistito fino a notte fonda, alle varie fasi di recupero del cadavere rinvenuto in un fondo all’interno di un box in via Edoardo Scarpetta nel rione “Lotto 10” di Ponticelli.
Un’indiscrezione che non lascia presagire nulla di buono e che introduce una verità ancor più macabra: il corpo di Vincenzo, il 25enne scomparso da Parete lo scorso 7 luglio, è stato fatto a pezzi.
Dopo ore di lavoro, le forze dell’ordine sono riuscite a recuperare i resti del corpo di Vincenzo Ruggiero.
Ciro Guarente, il 35enne che ha confessato l’omicidio del 25enne di Parete, aveva provato a depistare gli inquirenti sostenendo di aver gettato in mare il cadavere. Tant’è vero che nell’arco delle stesse ore in cui è stato rinvenuto il cadavere nel vano di Ponticelli, gli inquirenti hanno setacciato il fondale del mare di Licola, alla ricerca del corpo del 25enne che, stando alle dichiarazioni rilasciate da Guarente, se ne era disfatto proprio gettandolo in quelle acque.
Un tentativo di depistaggio che ha avuto vita breve. Il corpo del giovane attivista della comunità LGBT, sezionato barbaramente, era occultato in un box che l’ex militare aveva preso in affitto dal 7 al 9 luglio, nel rione dove vive il padre, proprio nelle stesse ore in cui si sono perse le tracce di Vincenzo. Un’analogia di fatti e circostanze che non lascia spazio ai dubbi.
È stato lo stesso proprietario del box ad allertare le forze dell’ordine insospettito dai movimenti di Ciro Guarente, che aveva dichiarato di aver bisogno di quel vano per parcheggiare l’auto, ma, di fatto, si era presentato la prima volta con delle valigie. L’uomo, allarmato dalla notizia del suo arresto e dal cattivo odore che fuoriusciva dal box, e soprattutto dalla sparizione di Ruggiero che, dopo quel giorno, non si era fatto più vedere, non ha fatto fatica a presagire quanto si celasse all’interno del vano che l’uomo aveva preso in affitto nei giorni precedenti.
Un sentore confermato dalla scena raccapricciante che si è presentata agli occhi dei carabinieri che hanno effettuato il ritrovamento dei resti del giovane. Ormai, non vi sono dubbi: l’autopsia confermerà che quel corpo fatto a pezzi è di Vincenzo Ruggiero.
Tante le menzogne che Guarente ha raccontato agli inquirenti nel corso della sua confessione: stando alla ricostruzione del 35enne che avrebbe ucciso il giovane per motivi di gelosia, in quanto convinto che tra Vincenzo e il suo compagno intercorresse una relazione, l’omicidio sarebbe avvenuto nell’ambito di una lite, nel suo appartamento di Giugliano in Campania, sfociata poi in una colluttazione, nel corso della quale il giovane avrebbe battuto il capo ferendosi gravemente. A quel punto, Ruggiero, anziché allertare i soccorsi, avrebbe caricato il corpo del giovane in auto per disfarsene nel vicino mare di Licola.
Tra i frammenti del corpo del giovane, rinvenuti nel box di Ponticelli, però, mancano la testa e un braccio. Perché li ha fatti sparire? Perché occultare la parte del corpo che, stando alla sua ricostruzione, avrebbe dovuto confermare la causa del decesso?
Cosa sta nascondendo agli inquirenti, Guarente? Ha forse occultato la testa e quel braccio altrove? E, se è così, perché lo avrebbe fatto? Quali verità ancor più agghiaccianti nascondono quei frammenti del corpo che ha barbaramente fatto a pezzi?
Il 35enne aveva prima sezionato il cadavere e poi lo aveva occultato in una buca presente nel box che ha ricoperto con rifiuti e cemento, sulla quale ha poi gettato dell’acido nell’inutile tentativo di coprire il cattivo odore.
Sarà quindi l’autopsia a rivelare nuovi particolari sulla drammatica morte di Vincenzo Ruggiero.
Certamente si tratta di un omicidio premeditato e non accidentale, costruito con ferocia e realizzato con una crudeltà senza pari. Guarente ha affittato quel box nello stesso giorno in cui il giovane è sparito: questo il dato che fa vacillare l’ipotesi della lite accidentalmente finita in tragedia.
Ma Guarente ha potuto davvero fare tutto da solo o ha beneficiato dell’aiuto di qualcuno per portare a termine il suo feroce piano di morte? Il padre era all’oscuro dell’uso al quale doveva essere adibito quel box o sapeva che in quella buca giacevano i resti del giovane che Ciro aveva ucciso e ha coperto il figlio?
Intanto, trapelano le prime indiscrezioni in relazione alla vita privata dell’assassino che viene descritto come un ragazzo sereno e “normale” che ha intrattenuto una lunga relazione sentimentale con una ragazza e che ha iniziato a palesare gli scompensi di un’anima instabile e tormentata quando ha iniziato a fare i conti con la sua omosessualità. Secondo quanto riferito da persone vicine alla famiglia Guarente, il 35enne avrebbe intrattenuto la sua prima relazione omosessuale con un prete. Un’indole possessiva e violenta, quella del 35enne, che diverse settimane prima, secondo quanto riferito da testimoni oculari, avrebbe già malmenato il giovane Vincenzo in strada. L’ipotetica relazione tra Vincenzo e la sua compagna transessuale era diventata una vera ossessione per Guarente: nonostante fosse stato rassicurato da più persone vicine ai due, in merito al forte e sincero rapporto di amicizia che intercorreva tra loro, il 35enne è andato fino in fondo. Desiderava disfarsi di quel giovane, brillante, solare, benvoluto, nel quale rilevava una seria minaccia per il suo rapporto e lo ha fatto. Si è accanito sul corpo di Vincenzo, senza pietà, senza umanità. Dando libero sfogo ad una ferocia cruda ed efferata: non gli bastava uccidere Vincenzo, doveva farlo a pezzi. Lui che, nel suo immaginario distorto, poteva essere capace di fare a pezzi la sua relazione.
Nessuno riesce a giustificare la crudeltà con la quale l’uomo si è accanito sul cadavere di Vincenzo. Intorno al luogo del ritrovamento del cadavere regnano sgomento, indignazione e sincero dolore.